Dante Bizzotto - pittore di Rossano Veneto


Testi critici

Dante Bizzotto

(1911-1967)

 

Dante Bizzotto, per quanti ne conoscono l'opera, è un pittore figurativo, noto per aver realizzato soprattutto soggetti di ambito religioso, ideati autonomamente o, più spesso, copiati dal vero. Fu infatti apprezzato nell'ambito delle diocesi venete e molte delle sue pale d'altare fanno ancora oggi bella mostra di sé in importanti chiese locali, basti menzionare fra tutte le centralissime San Gaetano e Servi di Maria a Vicenza e Santa Sofia a Padova.

Tuttavia, pensarlo soltanto in questi termini, lo defrauda ingiustamente della grande varietà di soggetti da lui trattati. Bizzotto è stato ritrattista fecondissimo, apprezzabile paesaggista, interprete di nature morte e stimato restauratore di opere antiche.

Che la ricerca espressiva di Bizzotto si sia sempre mantenuta avulsa dalle mode del tempo va letto come un punto fermo della sua opera, eccezionalmente libera dalle sollecitazioni artistiche che la circondano. La sua attività principale, la copia d'autore, è legata alla primissima formazione artistica presso lo studio di Gaspare Fontana (Bassano 1871-1943), pittore bassanese formatosi a Venezia. Molti artisti definirebbero però la sua un'attività artigianale, calligrafica, meccanica, giacché la copia è considerata il primo passo nell'apprendimento pittorico, non dovendo l'artista approfondire studi compositivi, chiaroscurali e di ricerca introspettiva.

Soffermandoci su questo aspetto è inutile negare che la pittura di Bizzotto palesi, a volte, un limite nel mancato superamento della mera riproduzione plastica e pittorica dei soggetti da lui raffigurati. Spesso desunti da fotografie o incisioni, i personaggi che popolano le sue opere non sempre presentano un'attenta ricerca psicologica.

Pur mancando di svelare il dato interiore egli ha la capacità di rendere la delicatezza di volti e sguardi, quasi tra lui e l'opera si instaurasse un rapporto affettivo in cui esaltare un proprio stato d'animo di pura contentezza scaturita dal dipingere.

 

Fig. 2 Madonna di ScaldaferroFig. 3 La cresimandaFig. 4 Don Calabria

Questa dolcezza romantica dei lineamenti diventa così suo tratto distintivo, al punto da rendere i soggetti bizzottiani riconoscibili proprio dai loro sguardi amorevoli e benevolenti e da una maggior esaltazione chiaroscurale degli incarnati.

I volti dei personaggi di Bizzotto rispecchiano "il racconto umano di chi l'ha eseguiti", un uomo sereno, legato alla sua famiglia e appagato dal proprio lavoro.

Dante Bizzotto è solito utilizzare per le proprie opere gli stessi procedimenti adottati dai grandi maestri del passato, preparando le terre nel mortaio per poi unirle all'olio. Diversi critici d'arte hanno dichiarato antiche alcune sue opere basandosi sulla stesura del colore e in particolare sulla formazione naturale delle crepe, che contribuiscono a conferire al dipinto lo stesso aspetto degli originali nei musei.
 

Fig. 5 Estasi di San Francesco, copia da F. Zurbaran


Chiara Rigoni, in una sua pubblicazione del 1997, conferma a stento la datazione autografa posta sul Sant'Andrea Avellino conservato nella chiesa di San Gaetano a Vicenza, reputando l'opera antica. Un altro aneddoto curioso riguarda una consulenza prestata da Clauco Benito Tiozzo alla Soprintendenza di Venezia per datare un dipinto cinquecentesco, e l'allora docente dell'Accademia di Belle Arti, riconoscendo la mano di Bizzotto, che fu il suo primissimo maestro, togliendo l'opera dalla cornice ne rivelò la firma.

È doveroso puntualizzare che Bizzotto, pur collaborando con alcuni antiquari bassanesi nella trasposizione di stampe o copie di opere antiche, non ha mai prodotto falsi d'autore. L'integrità e onestà che lo caratterizzano si riflettono anche sulla realizzazione delle sue opere, che è solito firmare in rosso.
 

Fig. 6 Il Giudizio di Paride, copia da Luca Giordano

Fig. 7 Il Giudizio di Paride, part. della firma


Grazie a questa sua abilità di copista si fa notare dalle pubbliche autorità del Comune di Vicenza che lo incaricano di restaurare l'affresco settecentesco opera di Giacomo Ciesa "Partenza di Enea per Cartagine", che fa parte delle decorazioni pittoriche della Sala Stucchi di Palazzo Trissino Baston, sede del Comune di Vicenza.

 

Fig. 8 l'affresco di G. Ciesa durante le fasi di restauroFig. 9 l'affresco restaurato


La pittura di Bizzotto è stata spesso paragonata a quella figurativa neoclassica, per la forte connotazione lineare con cui egli definisce ogni personaggio, quando invece molti suoi quadri trovano maggior affinità stilistica con il romanticismo.

Purtroppo il rapido alternarsi di nuove tendenze artistiche, dalla metà del Novecento ai giorni nostri, ha penalizzato il romantico realismo di Bizzotto, al punto tale che il ricordo di questo pittore è andato man mano affievolendosi e le sue tele sono state tolte dalle pareti di alcune chiese per essere poi, a volte, relegate in anguste soffitte o, ancor peggio, perdute.

È opportuno ricordare allora che non sono rari gli esempi di grandi artisti del XIX secolo che hanno indugiato a lungo nella copia di opere antiche, attività poi offuscata da una brillante carriera artistica. Degas si forma quasi esclusivamente copiando i capolavori dei Maestri esposti al Louvre, mentre Alberto Giacometti mantiene sempre l'abitudine di copiare opere di altre epoche per sviscerarne la struttura e il significato e per instaurare un dialogo continuo con il passato, traendo poi ispirazione per i propri lavori. Infine, nelle parole di Gauguin troviamo il senso di quest'attività: "riprodurre capolavori di un grande maestro è la forma più alta di ammirazione".

Bizzotto ama la pittura figurativa dei grandi del passato, ne studia le opere dal vero, carpendone i segreti; analizza le incisioni dei grandi artisti e le riproduce a olio, unisce soggetti desunti da opere di differenti epoche a raffigurazioni di personaggi più recenti. Questa sua abilità di copiare in presa diretta lo spinge a visitare i musei veneti, in particolare Palazzo Chiericati a Vicenza, e vastissima è la documentazione riguardante scambi epistolari con musei italiani ed esteri, fra cui gli Uffizi, il Louvre ed il Prado.

Questo testo, così come questo sito, nascono per volontà di Renzo Bizzotto, figlio primogenito dell'artista, che da anni promuove la figura del padre in ambito locale e regionale.

Di seguito riportiamo alcuni brani tratti dalla monografia di Dante Bizzotto curata da Clauco Benito Tiozzo pubblicata nel 2009:

"Dante Bizzotto era appassionato all'arte antica, tanto da escludere qualunque altra forma pittorica che non fosse quella classica, quella dei grandi pittori del passato, specialmente dal Cinquecento al Settecento. Amava così Giorgione di Castelfranco, Tiziano Vecellio da Cadore, Carpioni vicentino, il Pittoni, Pietro Longhi e lo Zais e godeva come gustandoli, nel copiare le loro opere aprendosi ad un sorriso compiaciuto e leccandosi perfino le labbra con la lingua".

"Amava i grandi maestri della pittura, specialmente i Veneziani, ma li copiava non secondo la "maniera", ma con una tecnica disegnativa, propria del Neoclassicismo ottocentesco, che i veneziani disprezzavano definendola "pagana"."

"Il mondo di Dante Bizzotto era decisamente lontano dagli avanguardismi dell'arte moderna, non aveva condizionamenti pseudo culturali esterni di culture straniere, perché intimamente legato alle radici della propria terra, nato com'era nel fertile humus del vicentino; dipingeva, poi, sotto la spinta soprattutto del suo istinto".

Nel "Gazzettino" di mercoledì 8 agosto 1961, nella Cronaca di Castelfranco si fa menzione della copia della Pala Costanzo del Giorgione:

"La esecuzione diligente, calcolata con amore, non solo nella mimesi dei colori e della luce, ma anche nel tocco, nella stesura dell'impasto, riesce interessante, rivelatrice di fermenti che vanno più in là dell'intenzione di copiare.

Suggestione che mi preme segnare, per introduzione allo spirito del Bizzotto, come un presagio che riveli un'anima che si nasconde, che si mantiene semplicissima, che veste dimessa, per paura di essere toccata nel suo amore. Pari a colui che nasconde le cose preziose nello scrigno e non parla e non l'apre, neppure agli occhi propri, per non dissipare il fascino di una ricchezza interiore".

Silvia Zava

Ringraziamenti

In primis desidero ringraziare Edda Zonta, restauratrice, che ha reperito, catalogato e restaurato numerose opere inserite in questo sito e della cui preziosa collaborazione mi sono avvalsa per revisionare la biografia di Dante Bizzotto.

Un particolare ringraziamento alla dottoressa Paola Sperotto, Responsabile Ufficio Stampa del Comune di Vicenza, per l'aiuto concessomi.

Ringrazio la Direttrice dei Musei Civici di Vicenza, dottoressa Maria Elisa Avagnina e la Capo Ufficio Conservatoria Musei e Monumenti dottoressa Alessandra Bertuzzo. Un sentito ringraziamento al dottor. Ranzolin, Capo settore ufficio Protocollo del Comune di Vicenza per aver fornito fotografie e materiale riguardanti la collaborazione di Dante Bizzotto con il Comune di Vicenza.

Un sincero ringraziamento a mio marito Michele per avermi accompagnato nel lungo percorso di ricerca sulla vita e opere di Dante Bizzotto.

 

I colori restituiti

Nel restauro, spesso capita di intervenire su opere contemporanee realizzate con tecniche poco raffinate , composte da materiali sperimentali che non consentono al dipinto una vita lunga. Sono prodotte con materiali poveri o inadeguati che facilmente si deteriorano a causa della loro caratteristiche chimiche e fisiche , di conseguenza le superfici risultano fragili e molto sensibili agli sbalzi termoigrometrici. A volte gli artisti contemporanei preferiscono che la loro arte subisca la mutazione del tempo che scorre , quasi a diventare un testimone involontario, e quindi apprezzata anche per la sua caducità.

Tutto ciò non consente una lunga fruizione e godimento dell'opera con conseguente difficoltà di comprensione della stessa e dopo pochi anni subisce già i primi difficili restauri conservativi.

Le numerose tele dipinte dal Bizzotto, tra gli anni 30 e il '67 , hanno invece dimostrato che l'artista ha adottato una tecnica esecutiva e una ricerca nei materiali sempre più approfondita.

Nelle opere stesse si riconosce il suo desiderio di far vivere la propria arte il più allungo possibile, consapevole di ricostruire il "sapere" dei grandi maestri del passato.

Il dialogo con l'opera di Dante Bizzotto risulta essere sempre contemporanea, perché ciò che guardiamo con i nostri occhi è ciò che lui stesso voleva trasmettere.

Le prime opere restaurate sono state le due tele eseguite in giovanissima età nel 1930 "Madonna della seggiola" copia dal Raffaello e "Giuditta con la testa di Oloferne" che Dante Bizzotto fece ispirandosi al capolavoro di Cristofano Allori.


Appena ventenne, il pittore dimostrava già una grande abilità artistica con un uso delle velature e dello sfumato nei manti eccezionale.

I dipinti si presentavano poco leggibili a causa della vernice alterata. La vernice usata da Dante Bizzotto era la Dammar, una vernice naturale che dà un bellissimo effetto morbido e risalta i colori, ma che in pochi anni ingiallisce, alterandone la leggibilità dell'opera. Le tele usate in questi due primi dipinti sono in lino molto sottile e la pellicola pittorica prima dell'attuale restauro, si presentava debole in diversi punti e con numerose cadute di colore. In entrambe erano presenti degli strappi e numerose erano le crettature premature. Queste sono state causate da una stesura del colore troppo magra sopra una preparazione probabilmente molto oleosa. L'uso di una tela così sottile ha accentuato questo fenomeno, provocando un cretto aperto e la formazione di scodelline di colore, che interessano anche gli strati preparatori.

Purtroppo ad accelerare il deterioramento dei dipinti sono stati i luoghi di conservazione di queste opere, spesso umidi.

E' stato necessario quindi consolidare il colore dal retro del quadro, e rimuovere la vernice alterata. Naturalmente la rimozione della Dammar è stata molto delicata, poiché il bitume usato negli scuri e il cinabro nei rossi sono molto sensibili ai solventi usati nel restauro.

Successivamente sono stati restaurati alcuni quadri che avevano subito un grandissimo degrado a causa di un incendio verificatosi negli anni 80. Si tratta di opere originali e copie di piccole dimensione.
 


Dallo studio di queste opere degli anni '50, si è notato che Dante Bizzotto ha perfezionato l'uso dei materiali usandoli con le giuste proporzioni. Con il restauro, i colori originali sono tornati a risplendere nei loro cromatismi , che così maestralmente usava ricordando i grandi maestri del passato.

Malgrado pittore moderno, il Bizzotto si è servito per le sue pitture, solo di pigmenti , olio di lino, e di ottime preparazioni di base, non usando mai tutti quei prodotti di facile reperibilità dell'epoca moderna.

Il restauro delle opere ha restituito la qualità coloristica dei suoi quadri che saranno destinati a perdurare nei prossimi decenni.


Restauratrice Edda Zonta


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